Saramago a Milano: qualche nota a margine

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Lunedì 12 ottobre, ore 21.00, al Teatro Franco Parenti di Milano (via Pier Lombardo, 14) José Saramago

È stato definito da Harold Bloom «il romanziere maggiormente dotato di talento ancora in vita, […] uno degli ultimi titani di un genere letterario in via di estinzione»; per noi, sapere che Josè Saramago sarebbe venuto in Italia a presentare il suo ultimo libro è stata una bella emozione: e così siamo accorsi il 12 ottobre, ad ascoltarlo nella sala grande del Teatro Franco Parenti di Milano, a tal punto gremita che per strada, davanti al teatro, sono stati piazzati degli altoparlanti per permettere a tutti di seguire il dibattito del palco, segno evidente dell’affettuosa popolarità di cui gode lo scrittore portoghese.

Occasione dell’iniziativa è stata la presentazione in Italia, per i tipi di Bollati Boringhieri, di Il quaderno, libro che raccoglie gli interventi che Saramago ha pubblicato, tra il settembre del 2008 ed il marzo del 2009, sul proprio blog. Sul palco, oltre allo scrittore portoghese – accompagnato da un’interprete – anche gli ospiti italiani: il critico Marco Belpoliti e Marco Travaglio e gli attori Anna Galiena e Alessandro Cremona che, durante la serata, hanno dato lettura di alcuni brani tratti dal libro. I post di Saramago riguardano sia temi di stretta attualità, come la politica estera statunitense dell’aministrazione Bush ed il “berlusconismo” in Italia, sia riflessioni di carattere teoretico su concetti quali la libertà, la democrazia, la giustizia.

Incalzato dalle domande di Belpoliti e Travaglio, lo scrittore dichiara senza mezzi termini: «Berlusconi è volgare, ridicolo e patetico. Non capisco come possa avere tutto questo consenso». Forse avevamo bisogno della sua rabbia e della sua indignazione nel dirci che, in sostanza, siamo un popolo di imbecilli, se stiamo seduti a guardare la distruzione di quel poco che è rimasto della democrazia, dopo la terza, e per lui incomprensibile, vittoria elettorale del Cavaliere. Non possiamo tuttavia nascondere una certa delusione: nell’analizzare e giudicare l’attualità italiana, Saramago e gli altri ospiti presenti sono raramente riusciti a superare gli aspetti più scandalistici e risaputi della cronaca recente e, quando l’hanno fatto, si sono spesso limitati a considerazioni generiche, non prive di un certo moralismo. Non si è parlato dell’infame violenza contro gli immigrati, della militarizzazione e para-militarizzazione del territorio, dello smantellamento sempre più profondo dello stato sociale, dello scempio del territorio (come se non bastassero i terremoti), della condizione della donna, ormai sempre più mercificata, e non solo nelle ormai note stanze di Palazzo Grazioli. Il berlusconismo, insomma, non è stato analizzato e giudicato nella propria ampiezza sistemica, in termini politici e sociali, ma solo come deriva culturale ed istituzionale, come imbarbarimento dei costumi.

Lo sguardo profondo del Nobel per la letteratura – ateo convinto, materialista e di sinistra – è riemerso in tutta la propria pienezza quando si è passati a parlare di religione, tema su cui lo scrittore ha spesso ragionato, basti pensare al suo Vangelo. «Le religioni non sono mai servite ad avvicinare tra loro gli essere umani», dice Saramago riprendendo le parole del teologo Hans Küng, ed ancora: «gli uomini hanno inventato il peccato per poter controllare i corpi, altro che le anime!». Non esita a definire Dio, della cui inesistenza è del tutto convinto, un «figlio di puttana», ed argomenta la pesante invettiva con un viaggio breve, ma affascinante e preciso, tra le atrocità della Bibbia – di cui richiama ad esempio lo sterminio di Sodoma e Gomorra, che non risparmiò donne e bambini – e le infamie della Chiesa Cattolica.

Non tutto il pubblico, in certi passaggi, ha applaudito: ma l’attenzione ed il silenzio nella sala davano la misura dell’intensità con cui, nelle parole dello scrittore – scandite con lentezza ed eleganza tutte portoghesi – emergeva il suo tenace amore per la vita, e l’odio per i macabri funzionari della sofferenza e del sacrificio: ecco davanti a noi, ancora una volta, il Saramago limpido, pieno di grazia e d’ironia che abbiamo conosciuto nelle pagine dei suoi romanzi.

18 ottobre 2009