Italian Schools of Architecture 1

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Villard, una strana scuola

di Alberto Ferlenga

 

Quando Villard ha avuto inizio, undici anni fa, pensavamo all’unificazione di tre esperienze che avevano avuto ampio sviluppo tra gli anni ‘70 e i ‘90: i seminari estivi, promossi da diverse facoltà o da singoli docenti – Bergamo, Mantova, Geraci, Trapani, Napoli, Parma, ecc –, i pochi corsi che nelle scuole di architettura si misuravano, in quegli anni, con le trasformazioni in corso nel territorio italiano e le esperienze internazionali svolte da alcuni di noi. Ci sembrava, allora, che nessuna facoltà italiana rappresentasse più, nel suo insieme, un centro di ricerca e di dibattito di un qualche interesse. Si era in presenza, piuttosto, di un pulviscolo di risorse sparse: singoli docenti, qualche ricerca, poche iniziative interessanti, spesso non direttamente coincidenti con le attività ufficiali svolte all’interno delle aule universitarie. D’altra parte, nella realtà, vi erano luoghi in trasformazione sempre meno indagati e ciò che nelle facoltà veniva insegnato non aiutava certo a capirli, riferendosi spesso a condizioni già superate.

 

La nostra idea era semplice: lavorare su questa dispersione, ignorare i limiti  posti dalle gerarchie accademiche, dalle divisioni disciplinari e dalle sedi istituzionali, puntare sul censimento delle qualità disperse e soprattutto cercare di comprendere, attraverso il progetto, i nodi principali che i nuovi territori presentavano. Insomma dare inizio ad un lungo viaggio in Italia come base necessaria per ricostruire strumenti di interpretazione e di intervento.

 

Villard nasce così, rappresenta il tentativo di costituire una scuola nel vivo delle trasformazioni, con studenti provenienti da facoltà diverse, rimescolando le carte e i ruoli previsti dalla cultura a disposizione, a quel tempo, nel mondo dell’architettura.

 

I componenti del nucleo fondatore che si è costituito ufficialmente il 26 febbraio 2002 a Venezia come Associazione Culturale Villard sono giovani docenti o ricercatori di discipline e provenienze diverse, architetti impegnati negli ordini professionali, ricercatori uniti dall’interesse nel progetto come strumento di lettura oltre che di trasformazione. Le firme in calce all’atto di costituzione sono quelle di Alberto Ferlenga (presidente, Venezia), Pippo Ciorra (vice-presidente,Ascoli Piceno), Fernanda De Maio (segretario, Venezia), Aldo Aymonino (Venezia), Stefano Boeri (Genova), Mosè Ricci (Pescara), Maria Cicchitti (Pescara) Andrea Barreca,(Genova) Marida Talamona (Roma 3), Massimo Faiferri (Alghero), Marco D’Annuntiis (Ascoli Piceno), Gabriele Mastrigli (Ascoli Piceno),  Adriana Sarro (Palermo), Lilia Pagano (Napoli), Sergio Polano (Venezia), Carlo Palazzolo (Venezia), Donata Tchou (Roma 3). Altri componenti come Marcello Panzarella (Palermo) Vito Corte (Trapani), Carlo Quintelli (Parma), saranno, comunque, parte integrante dell’iniziativa sin dall’inizio, altri ancora, come Roberto Serino (Napoli) Giulio Barazzetta (Milano), Marco Biraghi (Milano), Stefano Guidarini (Milano), Lorenzo Dall’Olio (Roma 3), Rita Simone (Reggio Calabria), Mauro Marzo (Venezia), Gianluigi Mondaini (Ancona), Giuseppe Marsala (Palermo), si aggiungeranno in seguito.

 

Il loro retroterra culturale è alquanto diversificato come lo sono le discipline di appartenenza: Composizione, Urbanistica, Storia, frutto di un panorama accademico ancora diviso in scuole, tendenze o ambiti disciplinari contrapposti.

 

Le origini diverse non impediscono il convergere, in Villard, di alcuni filoni di ricerca attivi prima della sua nascita. Tra questi, l’esperienza dei seminari progettuali siciliani o parmensi, le letture territoriali, adriatiche o milanesi, gli incroci tra storia e progetto praticati a Venezia, Roma e Napoli.

 

Negli anni precedenti alla sua fondazione chi si fosse preso la briga di indagare lo stato dell’insegnamento della progettazione  nelle facoltà di architettura italiane si sarebbe trovato di fronte un campo di macerie.

 

Delle grandi scuole di progetto che negli anni ’70 si erano caratterizzate per la capacità riconosciuta di coniugare storia, analisi e progetto, resistevano solo isolate testimonianze, per lo più arroccate nell’auto-perpetuazione di se stesse, immerse in una distesa magmatica e frazionata di insegnamenti logorati dalla ripetizione e dalla mancanza di verifica.

A ciò si aggiungano i disagi legati  alla limitazione degli accessi universitari che aveva impedito il rinnovamento del corpo accademico alzando enormemente il limite d’età indispensabile per la conquista di una posizione stabile.

In una situazione di questo tipo, gli scambi erano episodici, di tipo gerarchico e  avvenivano, prevalentemente, in ambiti ritenuti omogenei mentre prendeva sempre più piede, all’esterno come all’interno della scuola, l’idea che la progettazione vera fosse antitetica alla ricerca universitaria gettando le basi di un tipo di professionismo che avrebbe portato modesti risultati e molti danni. Per altro, l’esperienza Erasmus, che ha costituito un’eccezionale occasione di conoscenza per generazioni di studenti, era agli albori e non ancora diffusa a livello di massa.

In controtendenza rispetto a tutto ciò, Villard ha pensato che la scuola potesse essere mobile, itinerante, variegata. I seminari hanno messo in contatto, ogni anno, in reti di tragitti dalle geometrie variabili, persone, luoghi, idee. Hanno cercato di ricostruire, attorno all’architettura, una nuova trama di relazioni con altre discipline come l’arte, il cinema, la grafica, la letteratura ecc.

 

Il viaggio che costituisce l’asse portante di questa specie di Erasmus interno continua a inseguire le qualità là dove si manifestano, permette di verificare dal vivo i cambiamenti, di incontrare vicende e persone, di  rendersi conto degli approcci diversi che ancora caratterizzano le scuole italiane di architettura.

 

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Il viaggio è dunque essenziale e non a caso il seminario nasce riprendendo il nome del celebre chierico itinerante trecentesco e architetto Villard de Honnecourt a cui dobbiamo forse la prima sistematizzazione di una didattica dell’architettura basata sull’esperienza diretta.

 

È da un disegno del suo Livre de portraiture che Sergio Polano, ideatore della grafica di tutte le manifestazioni villardiane, ha elaborato il logo del seminario, la piccola lumaca, che lo caratterizzerà per 10 edizioni.

 

Ma il viaggio, l’esperienza diretta, lo scambio progettuale, la costruzione di relazioni tra le discipline possono bastare per costruire una scuola? Possono bastare per cominciare. Uno strumento non appesantito da sedi fisse, apparati, convenienze accademiche, è, per sua natura, più disposto a cogliere i cambiamenti. Un gruppo di docenti mosso solo dalla passione, che presta gratuitamente il proprio lavoro insieme a studenti che si muovono a proprie spese tende ad avere la stessa natura, flessibile e mutevole, dei fatti che osserva,  ad essere esperienza nell’esperienza.

 

Dai suoi esordi Villard ha prodotto 11 edizioni itineranti, i cui risultati sono raccolti, sino ad ora, in 8 pubblicazioni. Le edizioni si sono occupate delle città di Palermo, Lecce, Benevento, Genova, Verona, Bologna, Messina, Ancona, Roma, e hanno affrontato il tema dei piccoli aeroporti italiani e delle stazioni metropolitane della capitale, coinvolgendo molte facoltà italiane e le scuole straniere di Parigi Malaquais, Patrasso e Zagabria. Sono stati organizzati, sotto l’egida Villard, un gran numero di seminari stanziali svoltosi in tutt’Italia e documentati, anch’essi, da specifiche pubblicazioni,  un master dedicato alla qualità dell’architettura, mostre, convegni, viaggi. Il modello dei seminari itineranti è stato esportato in Sud America nel 2008 (Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile) e in Oriente nel 2009 (Vietnam, Cambogia, Corea del Sud).  Le letture iniziate nell’ambito dei seminari sono state approfondite in ricerche comuni, come quella PRIN 2008 sui piccoli aeroporti, documentata dal volume a cura di Pippo Ciorra e Fernanda De Maio. Villard ha soprattutto costruito reti di conoscenza reciproca e di assistenza tra studenti che durano negli anni e che sono, ad oggi, arrivati a coinvolgere circa 1000 studenti molti dei quali hanno già conseguito importanti successi nell’ambito della progettazione, della ricerca e dell’insegnamento. Insomma, se Villard voleva essere una scuola, il ruolo di formazione che si era prefissato è confermato soprattutto dai risultati ottenuti da chi, da studente, ha partecipato ai suoi lavori.

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Una sua emanazione più recente è il dottorato in Architettura, VDH,  che, collocato all’interno della Scuola di Dottorato di Venezia e oggi diretto da Pippo Ciorra, coinvolge le facoltà di Venezia, Ascoli, Roma 3, Napoli, Pescara, Genova, Palermo, Delft, Parigi-Belleville, Madrid, Zagabria, Losanna, Beirut, Amburgo.

 

Grazie all’esperienza maturata nel corso dei primi seminari, il dottorato rappresenta il tentativo di sperimentare diverse modalità di formazione anche nell’ambito della ricerca. Unico tra i dottorati italiani in architettura a non rientrare all’interno di specifici ambiti disciplinari VDH rappresenta il tentativo di occuparsi di città, territori, architettura, prescindendo dalle divisioni, tutte italiane, imposte agli ambiti disciplinari del settore. Per questo, il titolo che attribuisce è un titolo di dottore in Architettura e non in una delle discipline in cui l’architettura è oggi frazionata nell’insegnamento universitario italiano.

Come tutte le manifestazioni di Villard, anche VDH è caratterizzato dall’itineranza, internazionale questa volta, che, in questo caso, prevede tappe sviluppate in cicli triennali e a termine, cioè senza sovrapposizioni. Le  ricerche promosse, inoltre, sono legate ad un tema che, per il primo e secondo ciclo, ha riguardato l’identità europea. I risultati delle  ricerche svolte nel primo ciclo sono in corso di pubblicazione in un apposito volume che raccoglie contributi di docenti, invitati e dottori.

L’esperienza di Villard è tuttora in corso e non è dunque ancora il caso di fare bilanci. Una nuova generazione di docenti dirige oggi il seminario di base  che, per la sua undicesima edizione, è coordinato da Donata Tchou e che ha rinnovato la sua grafica, sempre ad opera di Sergio Polano.

 

Il suo sviluppo, che è giunto a toccare la didattica a tutti i livelli, la formazione post-laurea e la ricerca,  continua a farne, ancor oggi, una strana scuola che, non credendo a separatismi o a nicchie private di presunte èlite, si confronta, dall’interno, con la scuola ufficiale, la stimola, la integra, ne sottolinea le mancanze, cerca di mostrare come potrebbe essere.

 

La “comunità” consolidatasi nel tempo attorno alle sue iniziative se non è accomunata da un punto di vista unico, esprime però un’attitudine comune nei confronti dei problemi che di volta in volta affronta, se non offre linee certe da seguire, mette però a disposizione materiali inediti, espone problemi su cui riflettere. Villard, in questi anni, ha soprattutto  coltivato  uno stile, uno “stile Villard” , basato sull’indagine e sulla curiosità, che si ritrova nei molti viaggi, personali e collettivi, che hanno amplificato quello iniziale da cui tutto è nato.

 

Milano, 29.01.2010

 

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Alberto Ferlenga è Professore Ordinario di Progettazione Architettonica presso l’Università Iuav di Venezia, dopo esserlo stato per 12 anni presso l’Università “Federico II” di Napoli. Fondatore e presidente dell’Associazione Villard che raggruppa il seminario omonimo giunto alla 7 edizione e il Dottorato Internazionale Villard d’Honnecourt, di cui è coordinatore, oltre ad aver promosso seminari di progettazione e master in varie città italiane. Professore invitato in numerose università europee, nord e sud americane tra cui: Delft, Miami, Clemson, S.Juan de Puertorico, Lima. Dal 2008 è direttore della Scuola di Dottorato dell’Università Iuav di Venezia.

È autore di numerosi libri, tra cui le monografie su Aldo Rossi, su Dimitris Pikionis, su Hans Van der Laan (con P.Verde), e il volume su Joze Plecnik e Lubiana (con S. Polano) editi da Electa, la guida sulle città romane del nord-Africa edita dalla Clup e la riedizione di “Architettura Saggio sull’Arte” di Etienne-Louis Boullée edita da Einaudi, oltre che di saggi e articoli apparsi sulle principali riviste internazionali. Redattore dal 1981 al 1990 della rivista «Lotus International», dal 1996 è redattore di «Casabella».