Boeri Studio – mutazioni

 

anfione-e-zeto 22, 2010

L’ultimo numero di «Anfione e Zeto» pone al centro dell’attenzione il lavoro di Boeri Studio. In ciò si deve riconoscere certamente un merito: esso rappresenta il primo tentativo di mettere a fuoco la figura professionale di Stefano Boeri nei suoi molteplici aspetti. Si tratta, sostanzialmente, della prima pubblicazione a carattere monografico riguardante l’architetto milanese.

Il tema che gli viene associato, come di prassi nei numeri della rivista, è emblematico: mutazioni. Non solo un’allusione a Rem Koolhaas – il cui legame è tanto noto da risultare ormai ovvio – ma anche alle evidenti metamorfosi a cui l’architettura e la sua professione sembrano essere soggette nella contemporaneità. Tale questione è quanto mai appropriata a una figura che esplicitamente incarna in sé questo tema e che pare tutto meno che un consueto architetto: «Stefano Boeri – scrive Pier Paolo Tamburelli –  dirige una rivista, coordina ricerche, modera dibattiti, collabora con artisti, progetta edifici, interviene sui giornali, collabora con fotografi, organizza eventi, interviene alla televisione».

Accanto a un’approfondita lettura del Boeri “ricercatore” – spesso paragonato in tali vesti all’amico di Rotterdam per via del condiviso sguardo disincantato verso le logiche della realtà – il Boeri “progettista” emerge come fautore di un’architettura «umile e leggera». Un’architettura che mira a discostarsi da un paesaggio in cui «l’accumulo di ambizioni, velleità espressive, desideri […] impedisce che pochi atti artistici privilegiati possano emergere con nettezza». Come può un’architettura «umile» come quella di Boeri avere successo in una contemporaneità in cui gli architetti sembrano costretti a piegarsi alle logiche del mercato, ad assumere il ruolo di estrosi “creativi” pur di poter operare? Il numero 22 di «Anfione e Zeto» sembra trascurare questo aspetto. 

«Boeri non si è scelto un nuovo lavoro. Semplicemente prende atto di una nuova condizione in cui operare». Dunque qual è questa condizione, il nuovo campo d’azione della professione architettonica? «Che lavoro fa Stefano Boeri?» si chiede Tamburelli nell’incipit del proprio articolo. La risposta, tuttavia, non è chiara. Lo spettro di analisi si riduce all’architetto inteso come null’altro che “progettista” e “ricercatore”: quella che sembra essere la vera “mutazione”sfugge.

Forse, la soluzione di un tale interrogativo non va cercata solo nei progetti e nelle ricerche quanto negli interventi su carta e televisione, nelle collaborazioni, negli eventi, nei dibattiti (e nelle relazioni fra i primi e questi ultimi). Un corpusdi documenti tentacolare, frammentario e disperso, ma prezioso quanto opere e scritti ai fini della critica di una tale figura.

Al di là di ciò, ad «Anfione e Zeto»va sicuramente riconosciuto il merito di essere stata una delle prime riviste ad essersi accorta, scrutando oltre le apparenze «umili», della rilevanza e del significato di un architetto come Boeri.

Riccardo Villa 

Milano, 14 maggio 2010