Una sinfonia senza direttore

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di Manuele Salvetti

L’uso che Guido Canella ha fatto del montaggio nelle sue architetture degli anni settanta nell’hinterland milanese è stato un tentativo di costruire delle centralità in luoghi dispersi e privi di qualità. La carica espressiva di alcune scuole o centri civici ha cercato di sopperire alla carenza d’identità avvalendosi di un repertorio formale desunto dal costruttivismo russo, riproponendo immagini figlie di un contesto assai diverso.

Cosa accade se lo stesso linguaggio viene trasportato – anni più tardi – in un luogo differente? Nel 1991 lo studio Canella Achilli realizza un edificio a uso misto a Milano, non lontano da Porta Romana. L’area, corrispondente all’ingresso in città dell’asse Ripamonti, viene risolta con un gesto forte e “monumentale”, in netto contrasto con il tessuto urbano circostante. Un’esplicita dichiarazione di guerra al contesto.

L’edificio è visibile nella sua presenza e pienezza all’angolo tra le vie Salasco e Ripamonti attraverso una facciata curvilinea formata da una sommatoria di balconate modanate che formano un corpo chiuso alla sommità da una grossa cupola. Miscela “espressionisticamente” omogenea ma “chimicamente” instabile di Erich Mendelsohn e Fritz Hoeger.

Il rapporto con la strada è risolto mediante un portico alto e stretto che corre lungo le due vie, la cui misura fuori scala rifiuta il dialogo con l’esistente. In posizione angolare quattro pilastri inclinati segnalano l’ingresso, quasi un ricordo di zampe aliene che tentano un primo contatto con la superficie terrestre. L’immagine “eclettica” raggiunge il suo tripudio nella facciata rivolta verso lo spazio aperto interno – né corte né spazio pubblico – offrendosi come un vasto catalogo di preoccupanti esperimenti formali.

Il tentativo di costruire un organismo unitario mediante il montaggio si trasforma in una sommatoria di elementi semplicemente discordanti fra di loro: come se in un’orchestra ogni strumento suonasse per conto proprio, senza direttore.

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16 aprile 2012