#REMIX: Track 07

In ordine apparentemente casuale
Spunti di riflessione sulla bibliografia #REMIX

di Alessandro Benetti

  1. Introduzione

Questo testo organizza alcune riflessioni sulla bibliografia #REMIX. Con questo termine s’intende qui al tempo stesso il corpus dei testi redatti dagli “architetti” remix, e quello dei testi che parlano di loro e dei loro “progetti” (“architetti” e “progetti” sono tra virgolette perché da intendersi, ovviamente, in senso lato, remixato).

La bibliografia #REMIX è giovane come la generazione di cui parla. Ciò nonostante, all’inizio degli anni ’20 cominciano a delinearsi alcuni sui caratteri fondamentali. Si comincia ad intuire, oggi, su quali materiali potranno impostare le loro ricerche gli studiosi del futuro, che si cimenteranno nell’analisi, nell’interpretazione e nella ricostruzione storica delle attività del network.

L’obiettivo di questa riflessione non è la compilazione di un elenco di titoli. Piuttosto, si cerca qui di rispondere a due domande trasversali: chi sono gli autori della bibliografia #REMIX? Quali tipologie di testi compongono la bibliografia #REMIX e quali sono le occasioni della loro pubblicazione?

Si ritiene che queste riflessioni specifiche sulla bibliografia #REMIX siano propedeutiche a due ulteriori quesiti, riferiti più in generale all’utilità dello strumento bibliografico in sé: una bibliografia ragionata può essere un supporto utile allo studio della generazione remix, e se sì in che modo? Al contempo, le peculiari dinamiche di produzione e pubblicazione degli scritti della generazione remix possono suggerire una reinterpretazione e una ristrutturazione dello stesso strumento bibliografico?

 

  1. Vittime e carnefici: la camera degli specchi

L’architetto remix è, per convinzione o suo malgrado, un tuttofare. Il privilegio del mono-tasking appartiene a generazioni più antiche, risparmiate dalla realtà e dalla retorica della crisi perenne (“cogli ogni occasione, che potrebbe essere l’ultima!”), e dalla de-concentrazione sistemica dei tempi della fibra ottica (“rimbalza verso il prossimo link, che sarà certamente più interessante del precedente!”).

Inevitabilmente, quindi, l’architetto remix è progettista E autore, quasi sempre in tutte le accezioni possibili del termine. Scrive come critico (del proprio lavoro, di quello dei colleghi, di qualsivoglia tema di attualità gli sia richiesto di commentare); come teorico (del progetto, della città, dei massimi sistemi); come storico (spesso di quelle tracce della storia che remixa nei suoi progetti); come romanziere improvvisato (collocandosi, il più delle volte, in uno spettro di generi che ha i suoi estremi in J. G. Ballard e Italo Calvino).

L’architetto remix sa cogliere le occasioni, spinto anche da un più che comprensibile istinto di sopravvivenza sociale (perché l’importante è partecipare) e materiale (perché gli incarichi scarseggiano troppo spesso e di qualcosa bisogna pur campare).

All’interno di questa produzione sempre più caleidoscopica e sconfinata, di cui questo breve saggio potrebbe essere, perché no, la goccia che fa traboccare il vaso, spiccano per quantità i testi in cui gli architetti remix descrivono, elogiano o criticano la produzione dei loro colleghi. Non c’è nulla di sorprendente in questo: i legami strettissimi, sul piano professionale e personale, fanno sì che quello che gli architetti remix conoscono meglio siano precisamente… gli altri architetti remix.

Così, il carattere più evidente della bibliografia che si tenta qui di delineare è la sua configurazione a “camera degli specchi”: con poche eccezioni, gli architetti remix ne sono al tempo stesso gli autori e l’oggetto principale. Per ogni occasione, ciascun personaggio assume un ruolo diverso, secondo la tipica attitudine trasformista (compiaciuta o sofferta, curiosa od opportunistica) dell’architetto remix.

Tra le figure canoniche dell’autore della pubblicazione e di colui a cui la stessa è dedicata, poi, si dispiega una molteplicità di posizioni intermedie (il co-autore, il curatore, il co-curatore, il guest-editor, il co-progettista, ecc.), che permettono di coinvolgere sempre il maggior numero possibile di architetti remix.

Alcuni daranno un contributo sostanziale, altri resteranno più posticci, ma tutti saranno segnalati nei colophon spesso infiniti delle pubblicazioni dell’era del network. Perché il network, alla fine dei conti, è molto competitivo ma anche estremamente solidale, e cerca di moltiplicare le opportunità per tutti. La camera degli specchi è più divertente quando è più affollata!

 

  1. Tutti sulla stessa barca: una bibliografia di gruppo

Si è notato a più riprese, nei capitoli precedenti di questa ricerca a puntate, come gli architetti remix non costituiscano un movimento dai confini chiaramente delineabili, ma come pure dalla loro osservazione collettiva emergano i segnali di una certa compattezza e coerenza d’insieme. Il rapido costituirsi di una bibliografia collettiva è uno dei segnali più evidenti del fatto che il network comincia a percepirsi, ad esprimersi e a rappresentarsi come un gruppo.

È già stato segnalato che le pubblicazioni della bibliografia #REMIX sono innanzitutto pubblicazioni collettive, scritte da molti autori e riguardanti molti progettisti, laddove questi due poli spesso s’intersecano o addirittura coincidono esattamente. Non è questa la sede per soffermarsi sull’annosa questione della crisi della monografia di architettura, un tempo preziosa fonte d’informazione e di status, e oggi di sovente bollata, almeno in Italia, come strumento statico, prolisso ed inattuale. Piuttosto, interessa qui capire quali sono le occasioni di produzione e pubblicazione dei format collettivi in cui sembrano riconoscersi gli architetti remix.

Si tratta, in alcuni casi, degli atti di eventi a cui molti di loro partecipano, ad esempio le tantissime biennali e triennali di architettura e anche, talvolta, di arte e di design. Più che la veterana Biennale di Venezia, dove pure la loro presenza è sempre più cospicua, gli architetti remix si riversano in massa nelle più giovani bi e triennali di Chicago e di Lisbona, di Oslo e di Orléans, tra le altre. I cataloghi e più in generale i materiali informativi e di approfondimento prodotti in queste occasioni rappresentano un contributo sostanziale alla costituzione di una bibliografia #REMIX.

Gli scritti più marcatamente teorico/critici degli architetti remix trovano spesso il loro sbocco editoriale all’interno di riviste e fanzine curate da altri architetti remix. Questi ultimi sono al tempo stesso autori e destinatari di call for papers che, inevitabilmente, finiscono per essere impostati su misura attorno ai loro interessi e temi di ricerca. I numeri più o meno precisamente tematizzati di queste riviste finiscono per configurarsi come una sorta di racconto a più voci, raramente troppo dissonanti tra di loro, e tutte appartenenti ad architetti remix. L’esperienza di San Rocco (2010-2015) e quella di tante fanzine incluse nella fortunata mostra Archizines (a cura di Elias Redstone, prima edizione del 2011 all’Architectural Association di Londra) sono per molti versi gli episodi fondatori di una tendenza ancora oggi fiorente.

Si trovano ampie tracce della produzione, in questo caso progettuale, degli architetti remix anche nelle raccolte degli esiti di alcuni concorsi, soprattutto d’idee. Anche in questo caso si riproduce, talvolta, la sovrapposizione tra chi pone la domanda e chi vi risponde, già chiara nel caso delle bi e triennali e delle riviste. In altri casi, invece, società di consulenza incaricate da committenti vari d’impostare e gestire il processo concorsuale si rivolgono più o meno esplicitamente al pubblico degli architetti remix, ad esempio attraverso limitazioni (verso il basso) dell’età e del reddito dei partecipanti. È il caso, ad esempio, di YAC – Young Architects Competition, dove all’aggettivo young si potrebbe facilmente sostituire il termine remix.

Per concludere, Europan, concorso indiscutibilmente autorevole e nato in tempi non sospetti (la prima edizione risale al 1988), si è rivelato una piattaforma particolarmente adatta a raccogliere le riflessioni progettuali degli architetti remix, come testimoniano i cataloghi delle sue quindici edizioni (al 2020). Hanno certamente contributo a questo successo la sua collocazione specifica tra concorso d’idee, quale è, e la possibilità non troppo remota che tali idee si traducano in un’effettiva trasformazione del reale, ma anche il suo carattere squisitamente europeo e trasnazionale, che in un certo senso anticipa le geografie contemporanee del network.

Forse, però, il format più comune per le pubblicazioni della bibliografia #REMIX è quello dell’“atlante”, di cui l’Atlas of Emerging Practices. Being an Architect in the 21st Century di Giampiero Venturini (Actar Publishers, 2019) è un esempio tipico. Constatato il grande numero degli architetti remix (una delle caratteristiche del network è proprio il moltiplicarsi all’infinito dei suoi membri) e le numerose intersezioni che lo caratterizzano, molte ricerche su di esso propongono un approccio riassumibile con tre aggettivi: quantitativo, perché basato anche sulla raccolta di dati, di quantità precisamente commisurabili; comparativo, perché orientato non tanto alla descrizione e alla critica del singolo elemento, quanto al confronto tra più poli del network; cartografico, perché finalizzato alla produzione di una cartografia del network stesso, concettuale o anche più propriamente geografica.

Spesso queste ricerche tentano d’isolare preventivamente un campione significativo del network, ad esempio su base nazionale: tra tutte, Unfolding Pavilion. Little Italy, il progetto di ricerca presentato da Sara Favargiotti, Davide Tommaso Ferrando e Daniel Tudor Muntaneu alla 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, nel 2018, è una delle rassegne più complete dedicate al contesto italiano.

Da ultimo, è interessante constatare il progressivo infiltrarsi degli architetti remix all’interno di riviste d’architettura d’interni, cartacee ed online. Si tratta di un’evoluzione prevedibile, considerato che molto spesso i loro primi o soli progetti costruiti sono ristrutturazioni d’interni domestici, anche di un apprezzabile livello di qualità e sperimentalità. Meno scontata, invece, è l’interazione tra le modalità di presentazione del progetto architettonico di queste piattaforme, ben codificate e tendenzialmente descrittive e didascaliche, e le tipologie di racconto per testi ed immagini proprie degli architetti remix, più spesso evocative, astratte e sintetiche.

 

  1. Conclusioni: un network bibliografico

In conclusione, si può supporre che di fronte alla messe impressionante di documenti prodotti dalla e sulla generazione del network, la costruzione di bibliografie ragionate sarà un supporto fondamentale per lo studioso del futuro. Abbandonata qualsiasi pretesa di esaustività, in questo caso più velleitaria che mai, la selezione bibliografica potrebbe rivelarsi fondamentali per due ragioni: per costruire gerarchie, definendo quali titoli (probabilmente pochi) meritino l’attenzione del ricercatore e quali (probabilmente molti) possano essere tralasciati; e per fornire una direzione precisa della ricerca, testimoniando della sua capacità di orientamento all’interno delle ramificazioni pressoché infinite del network.

Sul piano del contenuto, sarà probabilmente difficile isolare bibliografie specifiche su ciascun membro e ciascun gruppo del network, tanto è intricata la maglia delle co-autorialità. Sul piano della forma, proprio per la loro densità e complessità, si può presumere che tali bibliografie saranno difficilmente organizzabili nella veste troppo stringente dell’elenco.

Così come si sta progressivamente configurando, la bibliografia #REMIX, dedicata agli architetti del network, sembra piuttosto assomigliare essa stessa ad un network bibliografico. E come tale meriterebbe forse una nuova forma di organizzazione e rappresentazione, più simile ad una cartografia, ad un atlante, per dirla à la remix, che ad un semplice regesto.