Sul concorso La Metamorfosi

 

 

Francesco Garofalo

 

 

Torino non è l’unica città ad avere gestito piuttosto bene la propria urbanistica, e ad avere promosso dei buoni progetti. Ma è certamente la più grande tra le città italiane a poter vantare un successo in questo difficile campo. E adesso avvia nuovi programmi – tanto più ambiziosi di questi tempi. Ad esempio la “Metamorfosi”, che è una e trina. Mi è sembrato giusto averla inquadrata in modo unitario perché nel funzionamento della città, della sua mobilità e nell’esperienza dei cittadini, le tre parti di cui si compone sono connesse.

 

Ma da ora in avanti è auspicabile che ciascuno dei tre ambiti sia sviluppato secondo le sue specificità. Schematizzando molto: il “trincerone” ha a disposizione un buon progetto. Il rischio è solo di doverlo tenere in frigorifero troppo a lungo, finchè non si realizzi la metropolitana. Lo Scalo Vanchiglia riceve dal concorso una visione guida, che si intende affidare ad una società di trasformazione urbana. In questo caso il progetto non è un punto di arrivo (come quando si fa un concorso per una scuola o un museo), ma il punto di partenza.

 

Ai torinesi credo sia chiaro il valore dello scambio: urbanizzare piuttosto densamente un’area per ricavare una parte delle risorse necessarie a realizzare una grande infrastruttura. Detto questo, tra il “paradiso” della città pubblica, e l'”inferno” della speculazione privata, c’è un ampio ventaglio di risultati che chi condurrà il gioco potrà cogliere, se ne sarà capace. Io mi accontenterei di un buono schema volumetrico, e che poi i promotori immobiliari stiano dentro i confini stabiliti. E ci sarebbe ancora tantissimo da fare per una committenza agguerrita, nel disegnare spazi aperti ed edifici pubblici.

 

Spina 4 invece è un problema che si è rivelato ai nostri occhi di giurati talmente complesso, e in parte mal posto, da richiedere un supplemento di istruttoria. Non credo che un ottantunesimo concorrente più bravo degli altri avrebbe potuto risolverlo. E vorrei fugare il sospetto che la nostra decisione sia frutto di un giudizio presuntuoso sulla qualità delle proposte.

 

Detto in sintesi: se il problema era di cucire un vestito di facciate sulle volumetrie approntate dell’amministrazione, allora era meglio utilizzare procedure diverse da un concorso di idee. Peraltro, non basta elencare tanti obiettivi giusti per garantire una soluzione, se essi si contraddicono. Ad esempio, come si fa a creare una piazza, se questa è attraversata da una specie di autostrada? Come si fa a connettere i quartieri, e allo stesso tempo a trasformare in un grande parco il vuoto che li separa? Spero che l’amministrazione comunale abbia la forza di riaprire la discussione, e di confrontarsi con i progettisti. I processi decisionali che si svolgono alla luce del sole sono più faticosi, ma portano a soluzioni più durature.

 

A Torino c’è anche molto altro, ma condurre bene in porto questi tre progetti urbani sarebbe già abbastanza per attirare sulla città l’attenzione del dibattito nazionale e internazionale: una occasione da non perdere.

 

 

Francesco Garofalo 

 

Milano, 29 ottobre 2010

 

 

 

 

 

 

[Il presente testo è stato scritto da Francesco Garofalo il 5 settembre 2010,  in occasione della mostra dei progetti di concorso attualmente visitabile a Torino. Il titolo del testo è redazionale.]