Università

«L’università non dovrebbe essere il luogo dove il sapere viene tesaurizzato, bensì il luogo dove il sapere viene compreso. Ma la comprensione del sapere ne favorisce l’ampliamento, e l’ampliamento del sapere a sua volta assegna nuovi compiti alla comprensione. D’altra parte, ogni comprensione del sapere rappresenta, per colui che comprende, un atto creativo, di modo che, pur nel massimo rispetto di tradizioni e convenzioni, la cultura, intesa come produzione artistica, al contrario dell’esegesi scientifica, non potrà mai essere un possesso (o perlomeno lo è solo in quanto mette a disposizione un sapere specifico: come si potrebbe fare una certa cosa, ad esempio una poesia, una sonata, un quadro, un ragionamento filosofico ecc., che poi magari non si fa solo perché non si riesce a farla; un sapere dunque che io non sottovaluto ma che nemmeno sopravvaluto). Questa cultura non sarà mai un possesso ma, per la sua specificità del tutto particolare, piuttosto una presa di possesso: non un sapere ma un rischiare, non un intervento a posteriori ma una conoscenza anteriore, un comprendere nell’atto del fare, sia che si tratti di una poesia, di una sonata, di un quadro o di un ragionamento filosofico, senza certezza di riuscita, senza sapere prima quale sarà il risultato. Se le cose stanno così, solo un’università che insegni a comprendere, che non si basi sul sapere ma sul metodo della comprensione del sapere sarebbe integrata nella cultura, per come la intendo (e non importa se è di tipo artistico, scientifico in senso lato o umanistico): una cultura dell’esperimento, della messa in dubbio del sapere; una cultura del senso critico, dei modelli di pensiero, delle antiideologie, delle immaginarie reti tese alla cattura dell’imprevedibile e dell’imprevisto, una cultura che conservi ovviamente anche l’istinto di avvertire tutta la problematicità di questo modo di intenderla, perché anche ciò che rappresenta un’opportunità per l’uomo rischia poi sempre di trasformarsi in una sua sventura, non c’è mai alcuna garanzia per gli esseri umani. Certo, un’università che abbia simili presupposti non è in alcun modo funzionale a una società basata sul profitto: del sapere si può fare un’abbuffata, ma la comprensione richiede tempo, e chi sottrae tempo alla gioventù non le permette di giungere a maturazione. Chiunque può essere diligente, ma per la creatività è necessaria una certa dose di pigrizia, senza la quale i sapienti non possono raccogliersi in sé stessi, e vengono al mondo troppo presto, come parti prematuri». [Friedrich Dürrenmatt]