Una pietra che canta

photo di Federico Brunetti

di Alessandro Benetti

«L’ultimo monumento a Milano»: questo – per Stefano Casciani – rappresenta la Nuova Sede dell’Università Bocconi dello studio irlandese Grafton Architects, di cui riassume le qualità attraverso l’ossimoro della «semplicità complessa». Semplici sono lo scheletro strutturale, composto dalla sequenza delle enormi travi-parete; i riferimenti spaziali e funzionali, dalle milanesissime tipologie del Broletto e della corte, agli esperimenti megastrutturali à la Cedric Price; infine, le scelte materiche, tra cui spicca il ceppo grigio di antica memoria meneghina.

Sono queste le premesse di una complessità che scaturisce dalla re-interpretazione «anti-accademica e antidogmatica» (parole di Emilio Battisti) del modernismo in architettura. L’imponenza massiva della struttura primaria autorizza le più libere variazioni nella disposizione de­gli altri elementi portanti, in particolare delle travi di copertura, a cui sono appesi i solai d’interpiano, come in un ponte.

L’esperienza della corte milanese è trasposta in chiave tridimensionale, articolandosi in una molteplicità di promenades ar­chitecturales che s’inabissano negli ambienti ipogei o s’impennano verso i piani superiori. Infine, il rivesti­mento in pietra dai toni sommessi descrive volumi di sorprendente «potenza tettonica» (ancora Casciani) con il blocco colossale dell’Aula Magna che si protende verso la città con un aggetto ardito.

Quest’ultimo si offre allo sguardo del flâneur metropolitano come la preziosa epifania di una rara bellezza architettonica: una realtà costruita solida e opaca, tra i tanti miraggi scintillanti del nuovo skyline milanese.

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16 aprile 2012